Macerie.

 

Guardando sui mass media, tv e Quotidiani, le immagini dei palazzi sventrati dalle bombe e i disperati tentativi dei soccorritori per salvare eventuali sopravvissuti, mi ricordano una scena alla quale assistetti da piccolo dopo il bombardamento della Casa di Riposo per anziani di Ponte San Pietro.

In seguito al bombardamento dello Stabilimento di Dalmine ero sfollato, con la famiglia, a Treviolo. Mio padre, che si salvò miracolosamente da quella tragedia, era terrorizzato dall’idea che anche la città fosse un obiettivo sul quale sganciare bombe e decise di portare mia madre e il sottoscritto in campagna.

A Treviolo eravamo ospitati da una famiglia il cui figlio, di qualche anno più anziano, utilizzava la bicicletta del padre per spostarsi in paese.

Saputa la notizia del bombardamento di Ponte, mi propose di accompagnarlo a vedere il disastro.

Io seduto sul canotto della bicicletta e lui pedalando, tra strade sterrate e sotto il sole raggiunsi Ponte San Pietro. Oltrepassato il ponte della Provinciale ci dirigemmo verso quello della ferrovia che oltrepassava il fiume Brembo, vero obiettivo del raid aereo, e iniziammo a vedere le case colpite e sventrate dalle bombe. Sia a destra sia a sinistra della strada non un’abitazione era indenne. I soccorritori erano tutti assiepati sotto i resti dell’Ospizio per anziani.

La Casa di Riposo era situata molto vicino alla Stazione ferroviaria e a qualche centinaio di metri dal ponte della strada ferrata.

Ironia della sorte il ponte era intatto. Tutt’attorno rovine e lutti.

Pochi i muri ancora in piedi e, nelle camere sventrate, ancora qualche anziano miracolosamente sopravvissuto che attendeva il proprio turno per essere calato a terra.

Rimanemmo un bel po’ a osservare la scena, tra le grida dei soccorritori e i lamenti degli anziani feriti e dei parenti accorsi, mentre il tempo passava senza pensare al ritorno a casa.

Verso mezzogiorno, inforcammo nuovamente la bicicletta e facemmo il percorso inverso.

Tralascio la conclusione, già raccontata in un altro ricordo nel libro “I racconti del nonno”, ma le conseguenze furono giustamente punitive.

Ecco, oggi rivedo quelle mura diroccate, gli anziani che chiamano i soccorsi e tante persone, imbiancati dalla polvere dei calcinacci e incuranti del pericolo di nuovi crolli. le aiutano a salvarsi.

Era la guerra con le sue tragedie che non risparmiava uomini, donne, bambini e anziani.


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